Su quella placca superba, scrivemmo a caratteri invisibili ma eterni: “Mario Piotti”

Alessandro Grillo racconta l'apertura della mitica Placca Piotti alla Rocca di Perti

Sovente mi accade di rileggere qualche poesia di Erri Deluca. Personaggio notevole; scrittore, poeta, traduttore di lingue antiche, impegnato nel sociale ed arrampicatore di vaglia: a 45 anni ha salito un 8b…! 
Una sua poesia narra cosi:
Più invecchio e più le persone che ho conosciuto non ci sono più. Allora che faccio? Scrivo. Prendo un episodio del passato e poi scrivendo costringo queste persone, che si sono andate a cacciare in quell’aldilà  senza il mio permesso, a essere di nuovo con me.
Mario Piotti in arrampicata. Foto archivio Alessandro Grillo
A me  accade  la stessa cosa, ma oltre che scriverne, ho di abitudine, quando si tratta di compagni di scalata, di aprire qualche via, dando ad essa il loro nome. 
In tutto ciò non c’è solo l’atto fisico, ma una componente emotiva che rende la cosa molto, molto particolare, interiore, viscerale… 
 
Proprio in questi giorni, gli amici biellesi, Dafne Muraretto e Gianni Lanza, guida alpina, straordinari  alpinisti e scalatori, hanno ripetuto la Placca Piotti alla Rocca di Perti. 
Ho visto le foto e letto le loro impressioni: così mi è ritornato alla mente uno scritto di tanti anni fa. 
 
Quella placca è dedicata a Mario Piotti, fortissimo e simpaticissimo, arrampicatore al quale ero legato da una particolare empatia. 
Mario, nel fiore degli anni, morì cadendo da una paretina vicino Pisa. Un incidente banalissimo, ma fatale. Cercai disperatamente una parete per dedicargli una via, volevo rendere il suo nome “immortale”. 
Non mi detti pace, sino a quando non vidi una bellissima placca verticale sul lato meridionale della Rocca di Perti. Ne parlai con Gianni Calcagno, suo intimissimo amico e compagno di cordata e la decisione fu presa. 
 
Il 10 dicembre del 1981, dopo la solita lotta tra smilace e rovi, ci portammo alla base della parete. Con noi venne l’amico loanese Mauro Oliva.
Gianni andò da primo con grande cautela. Stranamente avanzava lentissimo, quindi il passaggio doveva essere ben duro. 
Com’è?” la mia solita stupida domanda soprattutto tesa a smorzare l’atmosfera che si era venuta a creare. 
Mauro, silenzioso già per natura, non batteva ciglio. 
Calcagninda “grugní”. 
Lo scenario tornò cupo, carico di tensione. Solo il rumore del vento tra gli arbusti e qualche colpo di martello. 
Dopo una eternità raggiunse un bel gradino e sostò. Attrezzò una sosta e ci fece salire. 
Il tratto era problematico, piccole svasature per mani e piedi, roccia fredda e… corda ben tesa. 
Dafne Munaretto sul primo tiro della Placca Piotti
Il secondo tiro, nel cuore della placca, toccava a me. Ma Gianni, quasi in trance agonistica, ripartì. Comprendevo che il ricordo dell’Amico quasi lo spingeva a salire. 
Si spostò un poco a sinistra sino a raggiungere un’esile fessura strapiombante che superò con qualche chiodo ed una staffa. 
A me rimase l’ultimo tiro, decisamente facile, ma ero felice lo stesso. 
Su quella placca superba, scrivemmo a caratteri invisibili ma eterni: “Mario Piotti”.
Stefano De Benedetti, guida e sciatore estremo sul secondo tiro
Gianni Calcagno sul secondo tiro

LINK INTERNI:

– Leggi la relazione della Via Mario Piotti alla Rocca di Perti 

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