Rocca di Perti – Via del Vecchio

Rocca di Perti - Via del Vecchio

La Via del Vecchio alla Rocca di Perti è una grande classica di media difficoltà che, con arrampicata elegante, segue le logiche fessure del Settore Settentrionale. 

Leggi di seguito il racconto di Alessandro Grillo sulla Via del Vecchio.

Dafne su L2

Vista da Calice Ligure, la Rocca di Perti appare come un’immensa prua di un vascello di altri tempi, con l’elegante spigolo nord che sembra avanzare tra i flutti.

E’ la Rocca più ricca di storia e di leggende di tutto il finalese. 

Nel 1973 il suo versante Ovest, lungo quasi due chilometri e alto oltre 150 metri, non presentava alcun itinerario di salita e ciò destava in noi il massimo interesse. Dovevamo salire quella parete, possibilmente lungo un itinerario che portasse direttamente alla vetta più alta. Cosa non facile, poichè la rocca in questione è costituita da grandi balzi interrotti frequentemente da cenge erbose e piccoli boschi pensili.

Guarda da lontano, guarda da vicino, finalmente individuammo il percorso. Partimmo per un primo tentativo io e “Torio” Simonetti, portando in una piccola grotta tutti i ferri del mestiere. Iniziammo in un diedro strapiombante e un pezzo di ferro profilato a U, conficcato nel punto giusto, ci consentì di superare il punto più faticoso. Sopra, la salita si fece più piacevole e aerea, non difficile ma bella. Dopo tre lunghezze di corda, dovevamo affrontare un’aerea traversata a sinistra, che era sovrastata da un grosso pilastro completamente staccato dalla parete e stranamente appoggiato alla roccia. Il parallelepipedo era alto più di 3 metri, largo circa un metro e spesso la metà. Alla base si faceva piccolo piccolo, per poggiare su un minuscolo gradino. Passare lì sotto, con tutto quell’arnese sopra la testa, avrebbe richiesto più incoscienza che coraggio. Il fantastico sistema di appoggi e aderenza che teneva quasi sospeso quell’enormità di roccia aveva del miracoloso. Rimanemmo attoniti alla sosta, guardando quell’equilibrista che sempre più assomigliava ad una… bara. A tutti i costi bisognava togliere quel coso, se volevamo passare con un minimo di tranquillità, anche perchè avrebbe costituito una severa minaccia per tutti coloro che, in seguito, sarebbero saliti lungo la via o che si fossero trovati alla base della parete. Ed allora non immaginavamo minimamente quante persone sarebbero giunte negli anni a venire.

Torio, esperto cavatore, escogitò rapidamente la soluzione. Mi disse di salire alla destra del masso e di attrezzare una buona sosta, un poco sopra la sua sommità. Salii; mi sembrava di procedere su di un campo minato. Ricordo che quell’anno l’inverno non era ancora finito, la parete orientata ad Ovest, si trovava in ombra, ed una fredda tramontana si infilava tra masso e parete, emettendo lugubri fischi. La scena era perfetta per il film… Terrore in parete. Sentivo scricchiolii ad ogni istante e sembrava che tutto il monte muovesse nel vento. In vita mia, fu una delle poche volte che arrampicai con una signora accanto… la Paura. Trovai due buoni buchi, vi infilai pezzi di legno e due lunghissimi profilati di ferro e sostai sulle staffe. Mi trovavo un poco più in alto e a destra del masso. Torio salì tranquillamente e giunto all’altezza della sommità del mostro mi disse di bloccare la corda. “Ora ti faccio vedere come si fa” esclamò sorridendo. Estrasse dallo zaino un sasso grande come un pugno e lo infilò tra il blocco e la parete, poi fece leva con il manico del martello. La “bara” si mosse in modo impercettibile, ma il sasso scese un poco. Fece ancora leva e il sasso scese ancora di più. A quel punto Torio, appeso alla corda schiena alla parete, puntò gli scarponi contro il sasso e diede una leggera spinta. Lentamente, come in un film a rallentatore, il roccione si mosse, e in una nuvola di vento e polvere, precipitò in basso. Toccò la parete, descrisse un arco e in un frastuono indescrivibile arrivò alla base, ove si ruppe in due parti. Una si frantumò ancora e si fermò, ma l’altra più tondeggiante si avviò subdolamente e dolcemente verso valle. Entrò in un boschetto di lecci, ove pensammo si fermasse. Ma ai nostri occhi increduli apparve un proiettile che viaggiava a folle velocità. Si infilò tra gli uliveti, passò vicinissimo ad alcune casette contadine abitate, rimbalzò sulle fasce coltivate, sorvolò il cantiere dell’autostrada in costruzione e la strada provinciale che unisce Calice a Finalborgo, finendo la sua folle corsa nel greto del torrente tra spruzzi d’acqua. Eravamo terrorizzati. Tremavamo come foglie. Con il residuo coraggio scendemmo percorrendo palmo a palmo tutto il percorso del masso, in cerca di danni e… vittime. Il luogo, allora, era piuttosto deserto, ma qualche contadino o qualche boscaiolo avrebbe potuto trovarsi al lavoro nel bosco o negli uliveti. Per incredibile buona sorte, tutto si è risolto con qualche alberello rotto e qualche ulivo sbucciato.

Il mattino seguente, dopo una notte insonne, consultammo i giornali con la cronaca locale, nessuna notizia di caduta massi nel finalese!

Passò qualche settimana, poi preso coraggio, ritornammo in quei luoghi, con noi anche il fido Armando detto “Monsieur Luc”, il Vecchio per gli amici. Aveva appena compiuto… 50 anni. Superammo il traverso e velocemente giungemmo in vetta. Abbracci calorosi al Vecchio, ma tra me e Torio una sola stretta di mano. I nostri sguardi erano quelli spaventati di due possibili e potenziali assassini. 

Mancava solo De Andrè a cantare Il Pescatore. Da quel giorno mai più, durante l’apertura di una via, gettai un sasso, anche piccolissimo, dalle pareti del Finalese, tranne che in un’occasione, ma questa è un’altra storia.

Alessandro Grillo

Tratto da Finale Climbing di Marco Thomas Tomassini.

Marina su L3

Zona: Rocca di Perti

Sviluppo arrampicata: 200 metri

Apritori: A. Grillo, A. Casula, V. Simonetti il 18.3.1973

Tipo di apertura: dal basso con chiodi tradizionali

Esposizione: sud ovest

Protezioni: resinati, fix, chiodi tradizionali, clessidre

Difficoltà: 6a+, 5c obbl.

Note: la via è in una zona dove si incrociano molte vie e sono possibili diverse varianti, che alla fine danno un percorso abbastanza omogeneo. Molto bello il traverso della via originale

Equipaggiamento: normale da arrampicata, qualche fettuccia

Accesso: da Finalborgo seguire la strada verso Calice, passare sotto l’autostrada, poco dopo prendere sulla destra una stradina (indicazione “palestra roccia Rocca Perti”), comodo parcheggio a fianco dell’autostrada.

Avvicinamento: risalire a piedi lungo la strada fino al sentierino che sale a sinistra verso le pareti, giunti ad un cartello che indica “Falesia dei Tre Porcellini”, proseguire circa 200 metri verso sinistra fino a reperire una grande grotta: a sinistra di essa appena dietro lo spigolino in un diedro attacca la via originale (presente il segno bianco in cui attualmente non si legge più il nome della via). Eventualmente, per affrontare difficoltà più contenute, è possibile attaccare circa 4 metri più a destra dal primo tiro della Via Nicora, che parte sul margine sinistro della grotta stessa.

Nadir in uscita su L5

Relazione

L1 originale: salire il diedro superando un primo bombamento, 6a+, proseguire ancora lungo il diedro poi in placca seguendo i fix, 5c, affrontare un vago camino aperto, quindi salire in placca decisamente verso sinistra seguendo il margine di una grande cengia vegetata, 5a, per reperire una sosta su resinati di un monotiro, 35 m

L1 (Via Nicora): salire sul margine della grotta quindi affrontare una placca lavorata, 5a, sosta a sinistra su catena, 30 m

L2: traversare la grande cengia verso sinistra quindi salire in placca e superare un breve diedro fessurato, 4c, proseguire spostandosi leggermente a destra e seguendo una bella fessura, 5b, che conduce ad una sosta su 2 fix e 1 resinato nei pressi di un albero, 35 m

L3: salire leggermente verso sinistra su una bellissima placca compatta, 5a poi 5b, giunti ad una sosta con catena della Via L’Altra Faccia del Vecchio proseguire in traverso orizzontale verso sinistra, 4a, e continuare a traversare con un tratto in leggera discesa, 5c/6a, raggiungendo la sosta con catena, 30 m 

L4: salire su blocchi oltrepassando unasosta su 2 resinati, quindi superare placca con bella lama, 5c, poi proseguire con un’uscita un verticale ben ammanigliata, 5a, sosta su resinati, 30 m

L5: salire verticalmente lungo un grande blocco poi spostarsi un po’ a destra, 4a, tornare quindi in placca verso sinistra,4c, quindi uscire con delicato passaggio verso destra, 5b, (allungare le protezioni), sosta su resinati, 30 m

L6: direttamente alla cima, 3, sosta su albero, 20 m

Discesa: 

A: dall’uscita seguire il sentiero che in breve porta alla croce della vetta, seguire verso sud il sentiero che scende nel bosco, al primo bivio prendere a destra, al secondo ancora a destra raggiungendo così la cengia alla base della Testa dell’Elefante, che si segue fino ad un piccolo sentiero che taglia a destra e porta alla strada sterrata che si segue fino alla macchina, ore 0,40.

B: seguire il sentiero e poco prima della croce di vetta prendere il sentiero che scende costeggiando la parete verso nord est, tenere sempre la sinistra fino ad una caratteristica grotta, proseguire costeggiando la parete di Perti Nord fino a raggiungere lo Spigolo Nord di Perti, dal quale in breve si ritorna alla partenza della via. Ore 0,20.

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Rosy e Marina su L6

Foto-relazione

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